Momentos Sentimentais da poetisa Maria Rocha

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martedì 18 agosto 2015

Libro: I diritti delle donne Mary Wollstonecraft

Libro: I diritti delle donne
Mary Wollstonecraft
A cura di Franca Ruggieri
Editori riuniti
settembre 1977

        E’ impressionante che una donna come Mary Wollstonecraft , nata nel 1759 abbia ancora qualcosa da dirci. Lei, nata e vissuta nel periodo dell’illuminismo e della rivoluzione industriale, insieme ad altre donne intellettuali  e rivoluzionarie hanno “iniziato la lotta” per l’emancipazione femminile.
        Mary Wollstonecraft (1759-1797) scrisse nel 1792 il libro: Vindication of the rights of woman, una delle prime analisi della condizione femminile. E’ incredibile che a distanza di due secoli, così poco sia cambiato nella condizione della donna.

Parto dall’introduzione  di Mary Wollstonecraft

“La condotta  e i costumi delle donne sono, infatti, la chiara prova della loro imperfetta salute mentale; perché, come per i fiori piantati in un terreno troppo fertile, forza e utilità vengono sacrificate alla bellezza; e le foglie rigogliose, dopo aver soddisfatto lo sguardo esigente, appassiscono dimenticate  sullo stelo, assai prima del tempo in cui avrebbero dovuto  raggiungere la maturità. A parer mio  la sola causa di questa fioritura sterile è da attribuire ad un’educazione sbagliata, suggerita dai libri scritti in proposito da uomini, che considerando le donne nei loro attributi femminili piuttosto che umani, si sono preoccupati di fare di loro amanti seducenti e non mogli affezionate e madri razionali; e l’intelletto di tutto il sesso è stato a tal punto ingannato da questo subdolo omaggio, che le donne “civili” di questo secolo, con qualche eccezione, non desiderano altro che ispirare amore, laddove dovrebbero nutrire una più nobile ambizione ed esigere rispetto per mezzo delle loro capacità e virtù.” (pagina 63)

In questo testo Wollstonecraft   paragona le donne ai fiori.  Quando dice che “forza e utilità vengono sacrificate alla bellezza” si riferisce anche a tante donne (non tutte ovviamente) dei nostri giorni che purtroppo si concentrano sulla parte più insignificante di sé: la bellezza, come diceva la stessa Mary Wallstonecraft “e le foglie rigogliose, dopo aver soddisfatto lo sguardo esigente, appassiscono dimenticate  sullo stelo.” Ebbene, ci sono ancora oggi, donne che pensano solo ad essere belle. E molte giovani donne aspirano ad essere sexy e attraenti.
         Ancor ‘oggi ci sono delle bambine che crescono con l’idea di essere belle  senza preoccuparsi di essere brave e competenti.  Si vede pure in tv le veline, concorso di miss , pupe e secchioni tra altri. Il modello di donna presentato in tanti programmi come questi, così come in molte pubblicità, è quello delle belle e, purtroppo, a volte anche stupide
          Tuttavia come dice la stessa Mary W. “I fiori appassiscono”, e queste donne educate per piacere al sesso opposto e per esibire la loro bellezza fisica, finiscono per essere rimpiazziate da donne più giovani e più belle. Si vede pure in tv, il numero di donne più anziane nella tv italiana (e non solo) è bassissimo, e quelle giovani e “belle” che ci sono oggi, domani saranno sostituite. Immagino che se Wollstonecraft vivesse nei giorni nostri e vedesse tutte queste donne semi-nude, che fanno anche le stupide (spesso senza esserlo), Mary ne rimarrebbe scandalizzata. Me ne scandalizzo io che vivo in  quest’epoca, figurarsi lei.
        Le donne (molte, non tutte) del nostro secolo desiderano ispirare amore, “contente” di essere un oggetto sia in tv sia un oggetto sessuale per gli uomini. Ma certo, tante altre donne  del nostro secolo sono civili senza le virgolette e studiano, lavorano, sono indipendenti e si fanno valere per quello che sono: persone competenti, intelligenti e professionali e anche belle, ma si concentrano sulla parte più importante del loro essere, non sulla più insignificante. Queste donne sono forti e utili al contrario di tante altre dei nostri tempi, delicate e inutili.

Brani tratti dai capitoli
 “ Le ragazzine, fin quasi dalla nascita, amano l’abbigliamento: non contente di essere graziose, vogliono essere trovate tali; si vede, nelle loro piccole arie, che questo pensiero occupa di già la loro attenzione; e sono appena in grado di comprendere ciò che loro si dice, che vanno guidate parlando loro di ciò che si penserà del loro comportamento. Il medesimo motivo comunque, indiscretamente  proposto ai ragazzini, non ha lo stesso effetto. Purché siano lasciati liberi di cercare i propri piaceri, essi si preoccupano assai poco di quello che si potrà pensare di loro. Non è che a forza di tempo e di fatica che vengono assoggettati alla medesima legge.” Pag.178

“Troppo puerili, tanto da non meritare neanche una seria confutazione , sono le affermazioni di Rousseau (seguite poi da diversi scrittori) secondo cui le donne, a prescindere dall’educazione, preferiscono naturalmente, fin dalla nascita, le bambole,  i vestiti, la conversazione. È in effetti abbastanza naturale che una ragazza condannata a starsene seduta per ore e ore di fila a sentire le chiacchiere oziose di mediocri governanti oppure ad assistere la toletta della madre, cerchi di partecipare alla conversazione, imiti madri e zie, si diverta a vestire la bambola senza vita, così come fanno con lei, povera creatura innocente!” pag.122 e pag.123

        Direi che quanto riportato nei due brani sopra è più che attuale anche al giorno d'oggi. Mi rendo conto che è un assurdo, ma purtroppo le cose continuano ancora così in molti casi. È tanto vero che quando osserviamo dei bambini in giro, ad esempio bambini che conosciamo, se la femmina indossa un vestitino, un fiocco al capello, porta la borsetta ecc. ella si aspetta che, come minimo, le facciamo un complimento: “sei una principessa”, “sei bellissima”. Invece un maschio, non si aspetta questo tipo di complimenti; certo, gli fa piacere, ma non è proprio così ansioso come tante bambine.  Anche quando si dice: “Una bambina non si comporta così”, si sta dando alla bambina un’idea di comportamento da seguire, e lei non può essere quindi libera come i maschi: deve sedersi a gambe chiuse; le parolacce sono più tollerate dai maschi che dalle femmine. Certo, non è  sempre così, ci sono  comunque quelle donne e quelle bambine che non seguono “il manuale” di come diventare bella, carina, piacere agli altri ed essere amata.
        Alle bambine si chiede un certo tipo di comportamento e loro devono semplicemente obbedire, e per questo, poi si dice che le femmine sono più tranquille dei maschi. E’ logico, sono “orientate” a essere così, ma questo non è un bene perché così facendo, si bloccano e non sono libere di esprimersi nell’interezza del loro essere. Bambini e bambine devono essere educati con gli stessi criteri, senza stereotipi di genere.
        Riguardo alle affermazioni di Rousseau citate sopra, purtroppo esiste ancora questo stereotipo della bambina tanto carina, delicata che è sempre ferma a giocare con la bambola. Ma questo succede a causa della consuetudine. La bambina gioca con la bambola, partecipa alla conversazione, perché è abituata a vedere e sentire come si comporta una bambina: semplicemente lei recita la parte, sa che sarà punita se non lo fa, al contrario sarà premiata. Le bambine semplicemente seguono dei modelli, prima osservando la madre e poi gli altri bambini e adulti e di conseguenza si adeguano e imparano “a vivere in società e a non stonare dal coro”.

“Le ragazze sono costrette a starsene immobili a sedere, giocare con le bambole, ascoltare conversazioni sciocche , e si finisce poi con il sottolineare l’effetto dell’abitudine come se fosse un’indiscutibile indicazione della natura.” Pag.179


        Ecco qui un’ altra verità, anche ai giorni nostri.  Come diceva Montaigne
“...il principale effetto della sua [della consuetudine] potenza è che essa ci afferra e ci stringe in modo che a malapena possiamo riaverci dalla sua stretta e rientrare in noi stessi per discorrere e ragionare dei suoi comandi. In verità, poiché li succhiamo col latte fin dalla nascita e il volto del mondo si presenta siffatto al nostro primo sguardo, sembra che noi siamo nati a condizione di seguire quel cammino. E le idee comuni che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infuse nell'anima dal seme dei nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali. Per cui accade che quello che è fuori dei cardini della consuetudine lo si giudica fuori dei cardini della ragione; Dio sa quanto irragionevolmente, per lo più” . Montaigne (libro di antropologia culturale- Fabio Dei)

“Le ragazze infatti se  non le si deprime  con l’imposizione di una vita priva di qualsiasi attività, e non se ne compromette l’innocenza  con falsi concetti di pudore, preferiranno sempre giochi chiassosi e dinamici: le bambole non susciteranno mai in loro interesse, a meno che non vivano isolate, senza alternativa alcuna.”  Pag. 124
        E’ ovvio che si tratta di uno stereotipo, anche Barrie Thorne nel suo libro Gender play ( 1993), dice che  i bambini, quando lasciati giocare da soli, molte volte si mescolano tra maschi e femmine e giocano insieme, come il nascondino. Durante i giochi di questo tipo non c’è nessuna differenza tra i sessi, nel senso che anche alle bambine piacciono i giochi dinamici, chiassosi e questa ne è la prova. Certo, se si comincia a dare una bambola ad una bambina di due anni e per  due o tre anni di fila le si dice che lei è una femmina e deve fare cose da femmine come giocare con la bambola mentre il calcio o la macchinina sono cose da maschi lei interiorizzerà  l’idea come vera, la elaborerà e la riprodurrà.

“ Fragili in tutti i sensi, sono costrette a cercare conforto nell’uomo. Si aggrappano a lui per essere sostenute nei pericoli più insignificanti, e pretendendo soccorso suscitando pietà con la tenacia dei parassiti. Allora il loro protettore naturale  allunga il braccio oppure alza la voce per difendere la leggiadra creatura tutta tremante: da che cosa? Forse dal cipiglio di una vecchia mucca oppure dal salto di un sorcio; un topo poi costituirebbe un pericolo serio. Nel nome della ragione, anzi del buonsenso, come si può non disprezzare essere simili, per quanto belli e delicati?”     pag.151


         Effettivamente devo ammettere che anche questo brano  è in parte in linea con la realtà. Probabilmente nel tempo di Wollstonecraft era più comune che oggi. Ai nostri tempi la donna lavora di più, anche lei ha un reddito (non tutte), e non è la solita principessa delicata in attesa del principe, del loro eroe che arrivi a salvarla. Tuttavia, nella nostra società, ancora oggi questa scena si ripete in molti casi. 

Stereotipi di genere nei video musicali

Modà - Salvami


Comincio con dei video che ribaltano la mascolinità egemone:
Il primo video da me scelto è: Modà - Salvami
Nel video si vede un gruppo di uomini soli, tristi, impotenti, disperati. L’uomo qui rappresentato, non è colui che salva ma colui che chiede di essere salvato; non è il maschio forte, anaffettivo, al contrario mostra i propri sentimenti. Non piange, ma è distrutto. Insicuro e solo (questo per quanto riguarda la prima parte del video). Nella seconda parte loro salgono sul palco e fanno il loro show, ma la parte da me analizzata è la prima.

Il secondo video : Alla mia età – Tiziano Ferro

In questo video è ancora più palese il ribaltamento della mascolinità egemone. Qui, l’uomo non nasconde i propri sentimenti, è disperato, si domanda cosa fare, sa che nessuno verrà a salvarlo. Come nel video precedente non è colui che salva ma colui che ha bisogno di essere salvato.
Si presenta nella sua fragilità di essere umano, nella sua debolezza, con la sua angoscia. Piange copiosamente, la stanza si riempie d’acqua e lui nuota come se stesse affogando nelle sue proprie “lacrime”. Ecco, un uomo che piange! “Ciò che è detto può far male, ciò che è scritto può ferire per morire.” Testo della musica che  prova che l’uomo è umano, ed anch’esso prova emozioni e non le nasconde. Alla fine viene consolato da una donna. Egli in questo video è debole e lei forte, lo stringe tra le sue braccia e lo consola.  Non è lui che consola la donna ma è colui che nella sua sofferenza viene  preso tra le braccia e consolato!

 Katy Perry - Part Of Me


In questo video si vede la donna forte. Lei lascia il fidanzato che la tradisce. E si arruola all'esercito, diventando una soldatessa. 
Non si vede la solita donna enfatizzata dal trucco, vestiti nudi ed aderenti, pose sexy, tacchi alti. Si vede una donna con i capelli corti, struccata, che si allena con le altre donne e gli altri uomini, suoi futuri compagni di lavoro. Poi si vedono soldati e soldatesse, che sparano, che “sono in guerra” in trincea. Non si distingue chi sia debole o forte poiché in quel momento tutti i soldati e soldatesse sono forti. Indossano gli stessi abiti e svolgono lo stesso lavoro.


Stereotipi di genere nei testi per l'infanzia

La dicotomia tra maschio e femmina spesso è il criterio per giustificare e naturalizzare disuguaglianze. In questo senso è importante capire il concetto di genere come la condizione sociale per cui siamo identificati come uomini e donne. Il genere si riferisce alle caratteristiche comportamentali, culturali, storiche e sociali costruite socialmente.
Non vi sono informazioni contenute nella genetica che dicano che la donna sia più portata a stirare e l’uomo, invece, non abbia il “gene” della “capacità di stirare”; cosi come la donna non possa fare lo scienziato, l’astronauta e l’uomo non possa fare il maestro, l’addetto alle pulizie, ecc. (professioni ed attività svolte sia da maschi che da femmine anche se solitamente “orientate” all’uno o l’altro genere).
Un altro dei cliché è rappresentato dal concetto che “l’uomo non piange”: chissà da dove proviene questo stereotipo che molte società hanno assunto come modello di comportamento nel passato e protratto fino ai giorni nostri. Queste convenzioni sono costruite socialmente nella storia delle nostre culture in cui il genere è visto in forma binaria (o si è uomo o si è donna), dicotomica (essere donna significa essere l’opposto di essere uomo) e disuguale (il maschio occupa una posizione di potere ed è considerato “superiore” alla donna).
Tradizionalmente sono compiti delle donne la cura della casa e la cura dei figli ed è compito dell’uomo portare il pane a casa, cioè, l’uomo è “colui che mantiene economicamente la famiglia”.
La società si aspetta che le donne siano sottomesse, delicate, fragili, ecc.  Dagli uomini, invece, ci si aspetta forza, aggressività, ecc. Oltre all’assegnazione di questi ruoli, il potere è, storicamente, conferito all’uomo che occupa una posizione superiore nei confronti della donna.
Tanto nella nostra quanto in altre società nelle quali anche la donna lavora fuori di casa, non ha senso continuare con questi stereotipi di genere. D’altronde non c’era senso nemmeno prima, in quanto i due sessi sono pari: due esseri umani, dunque, cittadini con gli stessi diritti e doveri. Maschio e femmina hanno cervello, mani e braccia che possono svolgere gli stessi compiti con le medesime capacità, inclusi i lavori domestici (lavoro gratis e non remunerato spesso lasciato alle donne). In una coppia nella quale entrambi lavorano fuori casa è giusta l’equa divisione dei lavori casalinghi. Infatti è un assurdo che i libri didattici e infantili continuino a riportare gli stereotipi di genere trasmettendo così ai bambini simboli e significati impregnati di cliché che verranno interiorizzati, riproducendo così all’infinito la disuguaglianza di genere a danno della donna.
Nella maggior parte dei libri per l’infanzia i personaggi maschili sono astronauti, medici, scienziati, svolgono, cioè “professioni da uomini” mentre le corrispettive femminili giocano con le bambole, lavano, puliscono, cucinano.  
Nei libri da me analizzati si percepisce ancora un modello di genere che rafforza l’opposizione dicotomica uomo-donna: lui domina e lei è dominata.  Sulla diversità sessuale i libri privilegiano l’eterosessualità, anzi, non esistono altri modelli da seguire. Questo è l’unico possibile.
I libri ed i giocattoli per l’infanzia sono ricchi di modelli culturali,  che, attraverso illustrazioni e testi riaffermano il genere come prodotto della natura e l’orientamento eterosessuale come l’unico possibile e “naturale”. I libri per l’infanzia rafforzano l’identità come se questa fosse di tutto il gruppo culturale, l’ unica praticabile e possibile. Questo si definisce etnocentrismo.

Etnocentrismo è il termine tecnico che designa una concezione per la quale il proprio gruppo è considerato il centro di ogni cosa, e tutti gli altri sono classificati e valutati in rapporto ad esso. […] Ogni gruppo ritiene che i propri costumi siano gli unici giusti e se osserva che altri gruppi hanno costumi diversi, li considera con disprezzo. Da queste differenze derivano epiteti ignominiosi, di disprezzo e di disgusto. Il fatto più importante è che l’etnocentrismo conduce un popolo a esagerare e a intensificare tutti quegli elementi dei suoi costumi che sono peculiari e che lo differenziano dagli altri. Di conseguenza l’etnocentrismo rafforza i costumi di gruppo”. Sumner (1906)

Non è solo il fatto di preferire la propria cultura, le proprie abitudini e le proprie idee che costituisce l’etnocentrismo, ma una visione acritica a favore del proprio gruppo, una visione piena di pregiudizi nei confronti degli altri. Ad esempio per quanto riguarda i libri di testo (illustrati e no) che contengono modelli tradizionali di genere, ruoli tradizionali pieni di stereotipi del maschio (bambino, uomo) e della femmina (bambina, donna), tutto ciò che nella vita reale si discosta da essi è visto come innaturale, strano. Così i bambini sono portati dalla società in cui vivono a considerare normali i maschi e le femmine con tutti gli stereotipi appresi:
ü  Maschi: aggressivi, dominatori, attivi ecc.
ü   Femmine: docili, civette, passive ecc.
poiché è quello che vedono in televisione, sui libri ecc. Viene perciò naturale considerare “anormale” chi non segue il copione da maschio e da femmina, escludendo quindi dal gruppo quelli “diversi” dalle identità dominanti e “naturali”, l’uomo e la donna eterosessuale con i loro stereotipi di ruoli.
Elena Gianini Belotti nel suo libro: Dalla parte delle bambine (1973), analizza l’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile dalla tenera età. Melotti riporta nel suo libro degli esempi in cui è dimostrato palesemente che dalla bambina ci si aspetta certi comportamenti: da piccola è educata a compiacere gli altri e ad obbedire; alcuni esempi dimostrano che dalla bambina si aspetta compagnia, aiuto nei lavori domestici e civetteria. Questi sono esempi più che confermati nella nostra società.

Mi ha appassionato tanto quest’argomento che ho deciso di analizzare quattro libri per riscontrare più modelli possibili per la mia analisi.
 Ho analizzato quattro libri illustrati che nel complesso dimostrano:

ü  Visione stereotipata e naturalizzata della femminilità e della mascolinità;
ü  Modelli di famiglie tradizionali e patriarcali;
ü  Modelli “ideali” e “romantici” di famiglie.

Il primo libro da me analizzato s’intitola:
Che cos’è l’amore
Autori: David Cali e Anna Laura Cantone
Edizioni ARKA-Milano 2011 per l’edizione italiana
2011 editions Sarbacane, Paris

Illustrazione n. 1: Due bambine che camminano per strada, stanno portando a passeggio il cane. Le bambine indossano vestitini a fiorellini, fiocchi e laccetti colorati ai capelli, fiorellini che indicano “la loro innocenza e delicatezza”. (Pag.3)
Illustrazione n. 2: C’è una donna che “guida”. Sì! Una donna che guida… ma… un carretto per ambulante: ci sono dei contenitori e una tazzina di caffè, presumo che lei vada  in giro con questo carretto vendendo caffè, cioccolata o qualcosa da bere. Lei, ovviamente, indossa il grembiule. Professione remunerata ma senza alcun prestigio. (Pag.4)
Questo libro riporta una famiglia a ceppo; cioè la coppia anziana vive con quella dell’erede.
Illustrazioni n.3 e 4: La mamma è truccata, felice, docile ed indossa un vestito rosa e delle pantofole. Il suo compito nella casa, da quello che si vede, è innaffiare i fiori, le piante. Questo perché ai fornelli ci sta la nonna. Anch’essa truccata, “docile”. La nonna indossa un vestito a fiorellini, scarpe con i tacchi ma non significa che stia per uscire, in quanto anche lei quando è rappresentata in altre parti della casa con indosso il grembiule, simbolo della “serva” della famiglia. (pag.5 e 7)
E gli uomini di questa casa ci sono?  Sì, che ci sono . E dove sono?
Illustrazioni n.5 e 6: Il padre è seduto sul suo trono, oh scusate, sulla sua poltrona, mangiando un panino e guardando la partita di calcio e, “off course” con il telecomando a portata di mano.
Il nonno, anch'esso è seduto alla sua poltrona, impegnato a contare la sua collezione di modellini di macchinine.  (pag.6 e 12)
E’ palese che le donne in questa casa debbano sempre lavorare mentre gli uomini si rilassano e aspettano di essere serviti. Dunque i codici della Guida alla decifrazione degli stereotipi sessisti negli albi sono più che confermati.
Illustrazione n.7: C’è un’illustrazione in cui la mamma è seduta, e fa qualcosa di “intellettuale”: scrive una lettera al suo padre; o meglio l’ha appena finita di scrivere.  Per fortuna questa foto, almeno, indica che la donna sa scrivere! E, presumibilmente, i nonni che vivono in questa famiglia sono i suoi suoceri. (pag.: 18)
        Illustrazione n.”8”: Invece la bambina ha spesso accanto a sé il cane, non il gatto (Per quest’aspetto è diverso dalla guida). Il cane gioca anche con il nonno.  Sicuramente in questa casa non c’è un gatto, e il cane è l’unico animale domestico della famiglia. (pag.: 3,8,9,10,12,16,21,23 e 26)

Secondo libro:
Titolo originale: Der haarige Dienstag
Beltz Verlag, Weinheim und Basel,1998
Titolo in italiano: Battista non vuole lavarsi la testa
Edizione italiana anno 2000
I cuccioli- Uri Orlev
Illustrazioni di Jacky Gleich
(Motta junior)
Fascia di età: bambini a partir dai 5 anni

        In questo libro si vede la classica famigliola, una coppia eterosessuale più due figli: un maschio e una femmina. Tipica illustrazione delle famiglie che si vedono in molti libri illustrati.  Difatti questo porta a formare un pregiudizio riguardo al modello di famiglia; non l’immagine di questo libro in sé, ma il fatto che di solito nei libri si trova sempre questo tipo di famiglia. Considerandosi normale una famiglia con due genitori eterosessuali e con figli come se fosse l’unico modello praticabile. Questo etnocentrismo porta a ignorare tutti gli altri tipi di famiglie come quelle: monogenitoriali, famiglia formata da persone omosessuali con figli ecc. Inducendo così ad una discriminazione,  considerando le altre famiglie anormali o incomplete perché essa non rappresenta la romantica famiglia felice del “mulino bianco“. Dunque i  bambini che fanno parte di altri tipi di famiglia non sono rappresentati da questo modello e, di conseguenza, possono sentirsi “esclusi”.

Illustrazione n.1: La famiglia è in cucina a fare colazione:  la madre indossa un vestito giallo, “colore caldo” e sta in piedi. Prepara e serve la colazione alla famiglia. In questa illustrazione non indossa il grembiule ma ha in mano una teiera ed è di fronte al marito che ha la tazza piena di tè, il che indica che lui è appena stato servito da lei; e con l’altra mano cerca di togliere il berretto al figlio di 3 anni (che proprio non vuole perché sa che è sabato, e la sua mamma gli laverà i capelli). In effetti  l’illustrazione mostra che la donna è al servizio della famiglia ed il fatto che non si veda né la sua sedia né la sua tazza indica che lei probabilmente non farà colazione, oppure lo farà dopo aver “sistemato tutta la famiglia”. E’ palese che per lei al primo posto stia la famiglia e che si occuperà di sé stessa se ne avrà tempo. Non è felice, ha una faccia apprensiva e triste (perché sa che le toccherà sentire le urla e faticare per lavare i capelli del figlio che non vuole saperne). Anche la bambina è in apprensione perché non sopporta le urla del fratello che non tarderanno appena sarà entrato nella vasca da bagno.  Il padre indossa colori freddi: azzurro e verde e porta gli occhiali che gli conferiscono un’aria colta, dimostrano che egli s’informa leggendo il giornale. Indossa anche una cravatta rossa che lo fa sembrare un uomo di affari, insomma uno che occupa una posizione importante; sopra la sedia vicino a lui c’è la ventiquattrore che dimostra che dovrà uscire a lavorare. La madre, invece, rimarrà a prendersi cura della casa e dei suoi due figli. Il problema è che questo succede per davvero in molte delle nostre famiglie, l’uomo è servito e va a lavorare… non si occupa dei figli e mi domando se questi figli sono solo della donna.. Perché lei e solo lei deve prendersene cura?  Lei fa la solita casalinga impegnata con la casa e con i figli, lavora gratis, cioè, non riceve niente per il suo lavoro e inoltre molte volte non viene nemmeno ringraziata come se fossero compiti solo suoi i lavori casalinghi e la cura dei figli. Molte di queste donne vogliono pure lavorare fuori casa e molte lo fanno! Pochi libri illustrano questa situazione e, quando lo fanno, raramente pongono la donna in una posizione di risalto. Per questo i lavori domestici devono essere condivisi. Anche lei ha il diritto di sedersi a tavola la mattina e prendere con calma il suo caffè leggendo il giornale. Ancora una volta prevale lo stereotipo illustrato della donna, serva della famiglia, e dell’uomo che lavora, s’informa, è servito. (pag.: 8 e 9)

Illustrazione n.2: la donna è impegnata a lavare i capelli del bambino. Il padre anziché aiutarla semplicemente le dice di passargli sulla testa un asciugamano bagnato, infatti, ecco lui che ha in mano un oggetto che non si capisce se è un piccolo asciugamano o qualcos’altro. (pag.13)
Mi domando perché nel libro anziché illustrare la solita madre che bagna il figlio perché non riportano il padre che svolge questo compito? Ma cosa stiamo insegnando alle nuove generazioni? I bambini cresceranno con l’idea solidissima che la cura della casa e dei figli è dovere della donna, e dico dovere  perché molte volte lei non ha scelta, se il marito non lo fa , toccherà a lei farlo (a meno che non abbia nonni, tate o qualcun’altro che la aiuti). Il peggio è che da grandi, i nostri bambini, riprodurranno i ruoli maschili e quelli  femminili così come hanno appreso… e allora quando  finalmente la donna e l’uomo saranno considerati pari per davvero? Quando finirà questa disuguaglianza sociale?

Illustrazione n.3: In questa scena il padre, che non sopporta le urla del figlio, esce di casa infastidito. Tornerà solo dopo, quando il bambino avrà i capelli lavati, quando avrà smesso di urlare! (ciò accade tutti i sabati!) (pag.15)


Illustrazione 4:
La cameretta è condivisa dai due bambini, ma i letti sono contrassegnati: in quello della bambina c’è la bambola mentre accanto al letto del bambino si vede una macchinina: il solito stereotipo: “le bambole sono giocattoli da femmine” e “ le macchinine sono giocattoli da maschi!” E qui si dimostra la mancanza di ragionamento pratico: questi maschi e queste femmine, in futuro, saranno probabilmente (anche se non tutti) genitori, e le bambine  prenderanno le patente e guideranno un’auto. (pag.16 e 17)



 Illustrazione 5: il barbiere.
         Si vede un uomo che fa il barbiere, porta gli occhiali ed indossa un  grembiule bianco. Neanche qui hanno illustrato una donna che fa la parrucchiera, e poi, pensandoci bene è un lavoro più che femminile. Inutile, in questo libro il posto della donna è a casa!  (pag.23)
Libro 3
Il mio papà è il più in gamba del mondo Jens Thiele e Matthias Friedrich
Illustrazioni di Sabine Wiemers
I cuccioli- mottajunior

Illustrazione 1
Il padre che fa il muratore, professione ritenuta maschile.
La bambina vestita  con un vestito a fiori, dimostrando così la sua “dolcezza”, “innocenza”,  “delicatezza”.  E un bambino che guida una macchinina. Pag.(2  e 3)

Illustrazione 2: a tavola.
La madre qui è seduta e non porta il grembiule. Ma probabilmente è stata lei a preparare il cibo e a servirlo  poiché indossa le pantofole dando l’idea che solo dopo aver preparato e servito la famiglia si è seduta a mangiare con il marito e la figlia. Ci sono solo tre sedie, quindi il bambino nell’illustrazione precedente non fa parte di questa famiglia. Sotto il tavolo si nota un trenino, dunque come gioco va bene, non c’è la solita bambola per rappresentare le femmine. Visto che la figlia è una femmina dunque il trenino è suo. (pag.4 e 5)

 Illustrazione 3:  in questo libro il padre costruisce case e la madre spacca noci
 (i personaggi sono topi) 
In questa illustrazione si vede il lavoro della madre. Lei spacca noci, in piedi. Il suo collega o datore di lavoro è seduto con una penna in mano, in questo caso è palese la gerarchia di potere che mette il maschio in una posizione superiore alla donna.
(pag.8 e 9)

 Illustrazione 4: la cameretta
La camera della topolina, figlia dei genitori topi, è colorata di grigio, verde e azzurro, ma lei indossa una maglietta rosa. Ci sono anche una poltroncina e una borsetta rosa che indicano che quella camera appartiene ad una femmina, poiché il rosa  “rappresenta” le femmina, ovviamente senza nessun motivo. E’ una convenzione adottata dalla società. (pag.18 e 19)

Illustrazione 5: le professioni
 Il padre lavora fuori casa, fa il muratore, o comunque lavora nell’edilizia, la madre, anch’essa lavora fuori casa, è operaia, oltre a prendersi cura della casa e della figlia. E’ palese la gerarchia di potere esistente poiché il padre viaggia e va a lavorare all’estero e la madre, invece, rimane in città e fa anche i lavori casalinghi.
In quest’illustrazione lei è in cucina con il grembiule e le ciabatte che indicano che lei deve fare i lavori domestici; infatti è al lavandino che lava i panni o i piatti. In un’altra scena la topolina si ammala e è portata dal dottore, già.. dottore maschio! Nemmeno qui hanno messo una femmina nella professione di dottore. Poi si vede il padre (topo) che torna a casa dal lavoro, dall’estero.. immancabile la valigia che simbolizza la professione, di solito una professione prestigiosa; nell’altra mano porta dei fiori per la moglie. (pag. 26 e 27)



Libro 4
Titolo: Il dentino di Chiara
Jo Hestlandt
Illustrazioni di Benjamin Chaud mottajunior
Titolo originale: la dent d’eve 2001


Prima illustrazione: la madre che porta la bambina a scuola. La bambina indossa un giubbottino rosa e beretta rosa. Ha un zainetto rosso e le scarpe addirittura con i tacchi… rosse.
(perché non è il padre ad accompagnare i figli a scuola??)  (pag.10)

Illustrazione 2- la famiglia è in cucina: madre, padre e una bambina. La figlia porta la magliettina rosa, il padre colori freddi. Anche la madre indossa colori freddi ma il grembiule è abbastanza colorato, colori caldi.
Il padre in questo libro aiuta nelle faccende domestiche , ma fa le cose, diciamo, più semplici e meno impegnative e,  “of course”, non indossa il grembiule. Se non altro in questa storia va un po’ meglio, perché il padre fa qualcosa in casa. In questa scena il padre è seduto a tavola: sta pelando le patate, ma seduto. Chi sta in piedi? La madre! Con il grembiule, ai fornelli cucinando. Così conferma ancora i codici della guida. (pag.15)

Come dicevo, questo padre aiuta in casa, poco, ma aiuta. Certo, la situazione non è paritaria, ma è meglio di niente. Se vede il padre che racconta la favola della buona notte alla bambina, il padre con la scopa in mano che spazza e sistema la camera mentre la madre è al lavoro. Ma certo, non si vede lui né cucinare né stirare. C’è comunque una relazione asimmetrica di potere. Anche se devo dire che è difficile trovare un uomo con la scopa in mano nei libri infantili… poiché la scopa è considerata simbolo “femminile” secondo gli stereotipi, chi impugna la scopa deve pulire.

Illustrazione 3: La cameretta della bambina è abbastanza colorata: colori caldi e abbonda soprattutto il rosa: giocattoli, poltroncina, tappezzerie del pavimento.. tutto rosa. Comunque c’è una macchinina azzurra e altri giocatoli vari come un cavallo che potrebbero essere benissimo considerati  giochi “da maschi”, ma giochi da bambini piccoli!!
Illustrazione 4: In un’altra illustrazione c’è un topolino che scorrazza per casa e la madre che, come “tutte le femmine”, ha paura dei topi! Salta sulla schiena del marito  che ha in mano una scopa per uccidere oppure portare fuori casa il topo. Si vede comunque in questa scena l’uomo che “indossa le vesti” del “supereroe che salva la principessa”, cioè il supereroe che salva la sua moglie delle grinfie del “terribile topo”.  E poi si scopre che era un giocattolo!(pag.16)

         Sicuramente dei 4 libri analizzati questo è quello che riporta meno stereotipi di genere anche se, comunque, gli stereotipi ci sono: la madre che fa i lavori domestici  più “ impegnativi” , usa il grembiule confermando il cliché che il posto della donna è ai fornelli. Però riceve l’aiuto del marito, che in questa storia non è il solito marito seduto sulla poltrona che guarda la tv e legge il giornale; il marito con la valigetta che esce per lavorare. Questo libro si riferisce solo vagamente alla professione della madre fuori di casa, quando dice che la madre è andata a lavorare, non c’è nessuna illustrazione che si riferisca al lavoro del padre o della madre ma si vedono tutti e due che lavorano in casa. Però ecco lo stereotipo: il papà sbriga le faccende domestiche non perché anche lui debba farlo e perchè che i lavori domestici debbano essere suddivisi equamente, ma perché la moglie è uscita presto al lavoro e lui è rimasto a casa , o comunque ha più tempo, quindi sistema la cameretta della figlia. Nel testo comunque è chiaro che non è compito suo, però, intanto fa vedere che lui aiuta in cucina, anche se svolge i lavori meno impegnativi e sistema la camera. Ad ogni modo quando fa i lavori domestici si vede che è contento o almeno non ha il broncio come quel padre della “guida” che poi sprofondava in poltrona stanco morto!
         In questo libro, la donna è meno stereotipata nell’abbigliamento: l’ultima scena riporta la donna non con i soliti vestiti  a colori caldi o a fiori: indossa una maglia ed un paio di pantaloni a colori freddi, ho detto PANTALONI (ma in altre due scene, porta la gonna e in una il grembiule),  e non è truccata, è al naturale. (pag.28)

         La bambina ha sempre una maglietta rosa, e quando va a scuola indossa un capottino rosa, beretta rosa e lo zaino e le scarpe rosse. Probabilmente se fosse un maschietto lo abbigliamento, scarpe e zaino sarebbero di un altro colore!  Celeste?




Processo per stupro 1978

Inizio questo post con alcuni accenni  sulla violenza sessuale nella società italiana dal 1930 in poi…
        Il codice Rocco (1930) classificava i reati di violenza sessuale tra i "delitti contro la moralità pubblica e il buon costume" e non contro la persona. L’articolo (art. 544, abrogato solo nel 1981) il matrimonio riparatore,  estingueva il reato nel caso lo stupratore sposasse la vittima anche se questa fosse una minorenne. Com’è possibile una cosa del genere? Prima la sequestra e poi “la violenta” a vita; violenze più che accettate con il “matrimonio riparatore”. La prima donna che non accettò questa assurdità fu Viola Franca, nel 1965.
         La violenza sessuale viene  classificata per quello che è veramente: un crimine contro la persona, non nel '500, ma alla fine degli anni novanta del secolo scorso (1996), per quanto assurdo possa sembrare…
        E’ la prima volta che assisto ad un processo per stupro (processo per stupro 1979) e devo dire che mi son sentita indignata durante tutto il filmato. Confesso che ho continuato a guardarlo perché volevo conoscere la sentenza finale che mi ha deluso e, soprattutto, per scrivere questo post.     Anzitutto, come donna mi sento orgogliosa di aver avuto delle degne rappresentanti: prima la figura della grande avvocatessa e soprattutto grande Donna  che è stata Tina Lagostena Bassi e poi di Fiorella, una giovane ragazza, appena diciottenne, che ebbe il coraggio di denunciare i suoi stupratori. Nemmeno per un momento ella pensò di accettare quel milione di lire che, il giorno dopo lo stupro, le era stato offerto. Lei, che guadagnava 70 mila lira al mese, dunque una ragazza povera, dimostrò tutta la sua dignità nell’avere rifiutato quella cifra e, successivamente, nemmeno la “mazzetta” degli avvocati che deposero in aula due milioni di lire. Poiché, come diceva Lagostena Bassi, “la violenza che subisce una donna non può essere pagata con una mazzetta.
       
        Mi hanno colpito molto le insinuazioni della madre di uno degli accusati, che giustificava il comportamento di suo figlio: “Non ha ammazzato questa ragazza,  ci si è andato a divertire, certo che piaceva pure a lei divertirsi” (pessima madre, poiché lei come donna soprattutto e non solo, non avrebbe dovuto giustificare tale crimine!)
Avvocati degli accusati: “Vengono offerte lire due milioni a titolo di risarcimento di danni”. “E’ una offerta seria, concreta”.
Avvocatessa della vittima : “Il sistema della mazzetta buttata lì ha fatto scuola. La parte civile chiederà 1 lira simbolica, perché il danno subito da una ragazza violentata è incommensurabile e non si può risarcire.”
        Si inizia il processo umiliando questa ragazza. L’avvocato della difesa, affermò che si trattava di una proposta seria, come se i soldi (e, peggio ancora, quella miseria) offerti,  potessero risarcire un danno così profondo, come uno stupro, violenza di gruppo per di più!
        Gli avvocati della difesa ebbero pure la sfacciataggine di considerare come insulto il rifiuto alla loro offerta, come se  con i soldi si potesse risolvere qualsiasi tipo problema, eliminare qualsiasi tipo di crimine. Dove la donna, Fiorella, veniva considerata come un oggetto rotto che con un po’ di soldi si compra una colla e lo si aggiusta!
        La ragazza fu violentata non solo dai quattro “malvagi” (perché un uomo vero non si comporta come quegli individui) ma anche dai lori avvocati e purtroppo la giustizia venne a meno. Lei  subì la violenza due volte, tuttavia per i giudici non è sempre facile decidere visto che, come prove, hanno spesso  solo la parola della vittima. Come nel caso di Fiorella, che non oppose resistenza e fece bene (infatti non aveva dei segni “di lotta” sul corpo), poiché avrebbe rischiato la vita: erano quattro uomini contro una donna!
        Fiorella fu umiliata, in questo processo la vera imputata era la vittima, ma il suo avvocato dovette invece difendere la propria cliente delle accuse maschiliste che la incriminavano come se lei fosse colpevole di quello che le era accaduto. Una vittima nelle mani di “uomini” che avevano l’età per essere suo padre.
        Le hanno dato della prostituta, ed anche di peggio. Ma anche se fosse stata una prostituta, cosa che non era, ciò non giustifica la brutalità usata nei suoi confronti. Perché la violenza sessuale ad una prostituta o ad una suora è sempre una violenza ad una donna; se la donna non lo vuole, nessuno la può costringere, tanto meno violentarla. E’ sempre una violenza e poi si trattava di una ragazza che guadagnava 70 mila lira al mese con lavori in nero. Si trovava nella villa in cui fu vittima di violenza perché le era stato promesso un lavoro. Si era recata lì a parlare di un lavoro offertole, poi era successo quello che sappiamo. La violentarono due volte: sia fisicamente che psicologicamente ed i traumi causati da uno stupro sono difficili di guarire.
        .
accusato: “Io sono un ragazzo serio.” Ma per favore, come poté avere il coraggio di pronunciare tale frase dopo tutto quello che aveva fatto a quella ragazza che avrebbe potuto benissimo essere sua figlia? Una fanciulla!
        “E’ la ragazza seria lei, che esce con due uomini dentro la macchina.”
Giudice: Perché non l’avete pagata?
(riferendosi alle presunte 200 mila lire che avrebbero dovuto pagare alla ragazza i quattro accusati, poiché in tutto il processo  costoro sostenettero che il rapporto fu consenziente e che la ragazza era andata con i quattro uomini per soldi!)
Un imputato: “ Perché non mi ha soddisfatto!”.
Sono disgustata di fronte a tale crimine!
Giudice: Perché hai pregato tuo cognato di andare a offrire un milione a Fiorella?”
Imputato: “ Siccome non le ho pagato le 50 mila lire che le dovevo, volevo dare un milione.”
        E qui si intuisce la menzogna di questi “uomini perbene”. Se non aveva pagato 50 mila lira perché non era rimasto soddisfatto, come mai le voleva dare un milione?  Provarono a comprare il suo silenzio, ma non ci riuscirono.  Forse avranno pensato che, povera com’era, aveva bisogno di soldi; quindi, avrebbe accettato quel denaro, tanto la violenza ormai era stata consumata; si sbagliavano, perché la ragazza con tanta dignità dimostrò che certe cose non hanno un prezzo!
Avv. di difesa: Le abbiamo sempre rispettate, se una di loro ci concede i suoi favori…” E ancora una volta considerano le donne, tutte, come oggetti sessuali a loro piacimento!
Questa ragazza che non versa in solide condizioni economiche ha degli amici amanti.“ Con queste parole egli offese non solo la ragazza, ma tutte, ho detto TUTTE le donne che economicamente si trovano in una situazione svantaggiata, considerando che tutte quelle che non hanno soldi probabilmente si prostituiscono! Mi meraviglio tanto di questi uomini che pure “avevano” moglie, figlie e mamme, abbiano trattato così le donne!
Avv. di difesa: “Una violenza  carnale con fellatio può essere fermata con un morsetto. Passa a chiunque la voglia di continuare.”
 “Lei amica e amante di Vallone , lei si fa praticare il cunnilingus. Lui si mette in ginocchio davanti a lei e la bacia sulla “seconda bocca” da cui sugge  il piacere di lei. Il violentatore si china? Adora? E questo avvocato usa il suo latino per non dire parole volgari e allo stesso tempo per dar importanza a quello che dice.
        Prima di tutto fa passare la ragazza per prostituta durante tutto il processo. E gli stupratori, che è quello che sono, chiamiamoli con la parola che loro appartiene,  invece sono considerati  gli “adoratori”. Quindi, ciò che è accaduto l’ha voluto la ragazza, e loro le hanno dato piacere. Che disgusto!
        Avv. di difesa: «Abbiamo parità di diritto, perché io alle 9 di sera debbo stare a casa, mentre mio marito, [] vanno in giro?» Vi siete messe voi in questa situazione. [] Se questa ragazza fosse stata a casa, se l'avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente.
        Ancora una volta colpevolizza le donne. Come a dire che le ragazze per bene stanno a casa, e  le poco di buono escono di notte. Ma cosa significa questo? Dunque le donne non possono uscire di notte perché ci sono i lupi cattivi che vogliono aggredire le cappuccetto rosso? Ma che storia assurda è questa? Caso mai i lupi cattivi vanno arrestati, perché le donne, come gli uomini, possano circolare liberamente a qualsiasi ora del giorno o della notte!
        Il fatto di colpevolizzare la vittima può essere considerato come conseguenza diretta di una cultura patriarcale. In molti casi si colpevolizza la donna per i tipi di vestiti usati, gli atteggiamenti, anche perché è uscita di notte, come nel caso di Fiorella. Dunque le donne devono coprirsi dalla testa ai piedi e aver un comportamento sottomesso, devono rimanere sempre a casa, soprattutto di notte, perché gli uomini sono animali irrazionali che non riescono a contenersi e a dominare i loro impulsi sessuali?
       
        Avvocatessa d’accusa: “Io mi chiedo: quale sarebbe stata la reazione? Sono quattro uomini. Certo, uno può dare un morsico, può rischiare la vita, e l'avrebbe rischiata. Ed ognuna delle donne ricorda quello che è successo a chi ha cercato di ribellarsi, a chi cerca di ribellarsi alla violenza. Ed ecco che violenza vi è anche se non vi sono reazioni di questo tipo, perché non ci si può aspettare che tutte siano delle Sante Goretti.”
E qui Tina Lagostena Bassi dice qualcosa di ovvio. Come  può una donna difendersi da quattro uomini? Avrebbe come minimo rischiato la vita. La stessa Fiorella disse che ebbe paura, ed è più che naturale. Chi, al suo posto non ne avrebbe avuta?
Tina cita Santa Maria Goretti (un’italiana nata nel 1890), che all'età dodici anni, nel difendersi da uno stupro, fu accoltellata e morì poco dopo in ospedale.

Finisco con l’arringa di Lagostena
Ma nessuno di noi avvocati—e qui parlo come avvocato—si sognerebbe d'impostare una difesa per rapina come s'imposta un processo per violenza carnale. Nessuno degli avvocati direbbe nel caso di quattro rapinatori che con la violenza entrano in una gioielleria e portano via le gioie, (…) ebbene nessun avvocato si sognerebbe di cominciare la difesa (che comincia attraverso i primi suggerimenti dati agli imputati), di dire ai rapinatori «Vabbè, dite che però il gioielliere ha un passato poco chiaro, dite che il gioielliere, in fondo, ha commesso reati di ricettazione, dite che il gioielliere è un usuraio, che specula, che guadagna, che evade le tasse!»

        Effettivamente, l’unico processo in cui la vittima è anche l’imputato è lo stupro. Come diceva Lagostena  Bassi: “se si fa così è solidarietà maschilista”.
        Purtroppo, nei processi per violenza, quando la vittima è una donna, è meritevole di fiducia solamente quando il suo comportamento ha l’approvazione della società  in cui vive in quanto accettabile, osservando le caratteristiche personali degli individui piuttosto che il delitto commesso. E nel caso in cui una donna abbia una morale impeccabile, gli accusatori e i suoi avvocati infangano il suo nome ugualmente, affinché lei  sia vista come colei che ha provocato  la violenza. Addirittura un prete, Don  Piero Corsi (secondo il seguente articolo di giornale: http://genova.repubblica.it/cronaca/2012/12/24/news/il_sacerdote_scrive_ai_fedeli_femminicidio_colpa_delle_donne-49410366/)    ha fissato nella bacheca della chiesa un comunicato dicendo che la colpa della violenza sessuale è delle donne. "Donne e ragazze in abiti succinti provocano gli istinti, facciano un sano esame di coscienza: forse ce lo siamo andato a cercare" .
        In questo modo  si riproduce la violenza di genere. Si fomenta la discriminazione  soprattutto della donna che avrebbe dovuto agire sulla base di ciò che si aspettava la società: in una società maschilista il luogo della donna è a casa, infatti l’avvocato difensore sostiene che se  Fiorella fosse rimasta a casa, niente di tutto ciò si sarebbe verificato.
        Ecco perché gli avvocati di difesa vogliono sempre screditare le vittime  e, nel caso in oggetto , fu tentato di tutto per raggiungere questo scopo. Quindi, nel tentativo di screditarla, uno degli accusati disse che aveva già fatto sesso con lei altre volte, che non le aveva dato dei soldi, ma l’aveva portata al ristorante, pagato il caffè: insomma una che va con uno anche per poco; era questa l’immagine che gli accusati e i loro avvocati cercavano di dare della vittima. Se fosse stato vero tutto ciò, lei non sarebbe andata con Valloni in quella villa pensando di parlare di un lavoro, e tanto meno lavorerebbe in nero per guadagnare 70 mila lire al mese, ma è la sua parola contro la loro. Lo stupro è l’unico crimine in cui la vittima deve provare di non essere colpevole.
“Il maresciallo è stato fin troppo chiaro quando ha detto : “Quando sono andato a fermare Valloni,  se lo aspettava. E mi ha detto, Sì. Per i fatti di Fiorella.” Se Valloni si aspettava già quella visita dei carabinieri qualcosa vuol dire, no? E poi se uno è innocente non può sapere di cosa viene accusato prima che qualcuno lo accusi. Nel caso di Valloni invece, lui ha preceduto  il maresciallo, dunque sapeva benissimo di cosa si trattava, non vi pare?

         P.S.: Lascio un link di un sito, un articolo interessante Contro la cultura dello stupro e la colpevolizzazione delle donne vittime di violenza (avviso: ci sono delle parole volgari, )        https://comunicazionedigenere.wordpress.com/2013/04/08/prima-slutwalk-italiana-la-marcia-delle-puttane-contro-la-cultura-dello-stupro/