Momentos Sentimentais da poetisa Maria Rocha

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giovedì 8 maggio 2014

Lisa e il maggiore dei tesori...

E allora... chi continua a scrivere questa storia? 
Per continuare a scrivere questa storia anche con alcune righe basta scrivere nello spazio per i commenti. Buon viaggio nel mondo dell'immaginazione...
1
            Lisa è il soprannome di una ragazza che voleva conoscere il mondo e conquistare un grande tesoro. Il suo maggiore desiderio era possedere la saggezza. Come Salomone lei non chiedeva a Dio né terre né ricchezze, nonostante il contrario di Salomone, che era ricco: un re, lei era una ragazza povera.
        Una sera comunicò alla sua famiglia che avrebbe fatto un giro nel mondo per conoscere i popoli e cercare un tesoro di valore ineguagliabile: la saggezza. La sua famiglia al sentire la sua decisione provò a impedirla, ma lei gli salutò e se ne andò la mattina seguente, prima dell’alba.
        Quando lei gli aveva comunicato la sua decisione, i suoi pensarono che fosse diventata pazza. Come una ragazza di campagna, giovane e povera come lei voleva andare a conoscere il mondo? Non aveva soldi e anche se ce li avessi, non sapeva niente del mondo e dei suoi pericoli, “conosceva” il mondo solo attraverso la carta geografica che studiava e attraverso i film che guardava in tv; I suoi si preoccuparono e allo stesso tempo pensarono che lei avrebbe desistito di questa “follia”. Dopo una bella notte di sonno, lei sicuramente avrebbe ragionato e rinunciato a questa “pazzia”.
        Lisa passò quella notte insonne, preparando la valigia e ideando un piano. Lisa, una venticinquenne, diplomata al Liceo scientifico, alta uno e settanta, pesava sessantaquattro kili e portava i capelli neri sulla spalla. Nei suoi occhi neri e luminosi si vedeva il grande desiderio di avventura, di cultura e pace.
Uscì quella mattina all’alba, portando con sé appena una valigia con dei vestiti e scarpe usurate, la mappa mundi, un libro di geografia, due pani, un pacco di biscotti e due bottigliette d’acqua. In quella strada di campagna non si sentiva altro che i suoi passi lenti e decisi sulla terra. Non aveva ancora un piano preciso e sì delle idee ancora vaghe, ma si fidava dell’universo e della forza superiore che le avrebbe indicato la strada da seguire.
Lisa, una ragazza italiana di un paesino di campagna, viveva al nord est vicino all'Appennino tosco-romagnolo, lasciò la sua terra per conoscere il mondo, i popoli, e ottenere la saggezza. Sapeva che poteva ottenere la saggezza anche rimanendo lì a casa, ma il suo desiderio di conoscenza e di vivere delle esperienze fu più grande; sapeva che quel lungo viaggio le avrebbe dato più opportunità di diventare saggia e di imparare anche attraverso le vita altrui.
E’ vero che in Italia vivono tanti stranieri di diverse parti del mondo, ma lei voleva recarsi proprio ai luoghi, a diverse regioni del mondo e vivere un’avventura culturale e naturale: assaggiare sapori, sentire odori … Molto rischioso, tenendo conto che non aveva con sé dei soldi eccetto gli spiccioli, ma quello non la impauriva, voleva realizzare questo viaggio senza data per tornare e l’universo l’avrebbe aiutata. 
Siccome non aveva soldi, doveva viaggiare come clandestina o essere aiutata da qualcuno. Fu allora che si diresse alla stazione e prese un treno che la portassi al sud di Italia. Il biglietto non l’aveva comprato e allora doveva cambiare sempre carrozza quando vedeva un controllore. Ma questo non le piaceva, era in errore: doveva pagare il biglietto, ma come? Doveva anche mangiare, farsi la doccia e dormire in un posto decente. Allora, decise di rimanere a Roma per qualche giorno. Lì, trovò un ristorante che le diede da mangiare e qualche soldo e anche un letto almeno per due giorni, poi con i soldi che prese, affittò una camera in periferia e poi si diresse al centro della città, si sedette in una piazza e cominciò a scrivere quello che le veniva in mente che lei intitolò “ parole di viaggiante”. E giustamente vendeva ai turisti, quelle “parole di viaggiante” , cioè, si trattavano di frasi sagge e a volte divertenti, poiché anche l’inglese l’aveva un po’ imparato a casa con i libri e con l’internet. Ecco, scriveva le sue parole di viaggianti in inglesi e vendeva ai turisti come “souvenir italiano”. In fondo era lei italiana e quelle erano sue parole…. Insomma era un mezzo di guadagnare qualche soldo e pagare da mangiare, dormire e il biglietto del treno… no?
Quei pochi soldi che lei aveva guadagnato quel giorno stavano per finire, dunque, doveva trovare un’altra forma di guadagnare qualche soldo e poter proseguire il suo viaggio verso il sud di Italia, giacché voleva cominciare il viaggio per il sud del mondo.
Dopo tanto riflettere pensò tra sé e sé: “Io mi chiamo Lisa, ho i capelli lunghi e dello stesso colore dei capelli di Gioconda, ho la faccia tonda come la sua, insomma qualche altra somiglianza c’è l’ho, già mi hanno fatto notare in passato, anzi per questo che mi hanno dato questo soprannome”. Poiché il suo vero nome era Emanuela che non centra niente con Lisa.
 “Urrà!” ululò.
        Domani in piazza mi farò fotografare con i turisti come imitatrice di Gioconda.
        Ecco che l’altra mattina stava lì, con un vestito nero come quello di Gioconda e in posa tale quale lei, e muoveva solo gli occhi in direzione ai passanti. Fu anche divertente, la fotografavano, facevano i video, ma cadevano poche spicciole nel suo capello per terra. Allora la “mona lisa” mosse anche la bocca”:
 “Forse merito un po’ più di soldi no"? Tanto sono uscita da un quadro del quattrocento e sono qui in questa piazza a farmi fotografare.”
        La folla rise e così, lei attrasse a sé più passanti ed ecco che lei tornò immobile e finalmente cominciarono a piovere banconote da 5 euro e monete da uno e due euro nel suo cappello. 



2
Era una mattina gelida di dicembre quando cominciò a cadere la neve. Taìs che si era appena alzata, corsi verso la finestra e guardò incantata i fiochi bianchi che cadevano dal cielo. I suoi occhi brillavano guardando quella magica neve soffice che cadeva giù e “colorava” tutta la strada di bianco.
Era da una settimana che era nella Terra del Fuoco; stava compiendo la prima tappa in cerca del suo destino.
Una notte, quando abitava ancora in Brasile, sognò che per scoprire il suo destino, doveva uscire dal suo paese e compì un viaggio in torno al mondo. Era soggettivo il sogno poiché era il suo maggiore desiderio fare un viaggio intorno al mondo. Ma lei era ragazza di campagna, senza un soldo, come farebbe un viaggio intorno al mondo? Ancora addormentata in quella notte piovosa di aprile, lei si riaddormentò viaggiando in quel sogno favoloso.
Al svegliarsi, il sogno non era svanito, era nitido, non sembrava per niente un sogno, era così reale!
Allora Taís si alzò, prese la tazza di caffellatte calda che sua mamma, Joana gliel'aveva preparata.  Taís aveva già raggiunto l’età di trent'anni, ma non le dimostrava; portava i capelli biondi sulla vita legati in una bella treccia, era alta poco più di un metro e sessanta ed era bianca come la neve; anche se la neve non l’aveva mai vista (eccetto alla TV e sui libri). Il suo soprannome era: fiocco di neve, a causa del colore della sua pelle.
Fiocco di neve, dopo quella notte piovosa di aprile ebbe sempre lo stesso sogno, ogni notte il sogno si prolungava, come un romanzo che si legge dieci pagine ogni giorno. Nel sogno lei si chiamava giustamente fioco di neve (tale era soprannominata) ma viveva una fantastica avventura in un viaggio in torno al mondo.
Una certa mattina di luglio, lei guardò sua mamma adottiva e le disse: “Oggi parto per un viaggio intorno al mondo; senza data di ritorno” Joana, grassa e bassa le guardò per un minuto e dei suoi occhi spuntarono due grosse gocce d’acqua salata. Non disse nulla, semplicemente accennò con la testa di sì. Tanto lei sapeva che quel giorno alla fine sarebbe arrivato. Taís che era stata allevata da Joana dalla più tenera età, non sapeva nulla, ma Joana invece sì, sapeva quello che la aspettava, cioè, il destino di fiocco di neve; e sapeva anche che dipendeva da sua adorata “figlia”,  il destino di milioni di altre vite.
Era arrivato il giorno della partenza. Da mesi, Taís aveva sempre lo stesso sogno, che si prolungava sempre di più. Lei sapeva che un ente celeste o magico la stava guidando e lei non poteva più posticipar la sua partenza. Doveva proprio andare in cerca del suo destino che certamente non era lì in quella città.

LA L’IMpotenza DI UN SINGOLO NUMERO

Ciao, ho iniziato questa storia e allora vi chiedo di unirvi a me e continuare a scriverla . chi vuole può anche concluderla. Per continuare la storia basta scrivere nell'apposito spazio per i commenti! Grazie e diamo vita all'immaginazione!!! :-)


            
1

        “Francisco, vieni a mangiare!”

        “Arrivo mamma.”

        Francisco era un bambino pallido e magro. Da quando era nato, aveva un gran rapporto con i numeri. Nacque alle ore dieci e tre del giorno ventuno del mese sette dell’anno millenovecentosessantanove. Di genitore aveva solo uno: la mamma Clara, perché il suo babbo la abbandonò appena seppe che lei era incinta.

        Clara, ragazza madre, appena ventenne. Viveva da sola con suo figlio Francisco in una casetta che aveva affittato al numero diciannove della via Machado de Assis nella città Rio de Janeiro. Carioca (nata a Rio de Janeiro- città).  Alta e magra. Portava i capelli scuri sulla vita e aveva degli occhi a mandorle. Una bellissima mulatta.

        Clara da poco aveva finito il Liceo e lavorava come commessa in un negozio di scarpe. Fu licenziata appena suo datore di lavoro seppe che era incinta, poiché sarebbe un pessimo esempio per le altre commesse, soprattutto perché lei era stata abbandonata dal fidanzato con cui conviveva: il padre del bambino. Il motivo principale del licenziamento di Clara era perché il datore di lavoro non voleva pagarle la maternità. Lei doveva denunciare al ministero del lavoro. Sarebbe anche risarcita per il fatto di essere licenziata ingiustamente, soprattutto a causa della gravidanza. Non ne volle sapere. Odiava la burocrazia, le scartoffie e i litigi. Tuttavia era il suo diritto. Ciò nonostante lei lasciò stare.

        Appena nacque il bambino, lei cominciò a lavorare in un ristorante come cameriera di sala.

           


2

Francisco, ormai aveva dieci anni, faceva la quarta elementare e il suo numero era il cinque. Sì. La maestra faceva l’appello chiamando gli allievi per il numero al posto del nome.

Era veramente brutto. Francisco non si sentiva per niente bene essere considerato appena un numero. Lui aveva il suo nome e la sua identità. Nonostante fosse solo “un numero”. Lui era un numero nelle statistiche del governo, un numero per la scuola e per la città.

La vita gira intorno ai numeri. Un singolo numero fa la differenza. Un singolo numero è potente quando è giustamente quello che fa la differenza. Un unico numero decide le elezioni quando queste sono pareggiate.

Un singolo numero cambia anche la storia, anche le finanze. Pensa di accrescere uno zero al numero 1000, aumenterai di dieci volte il suo valore e se invece ne toglie uno zero, ne diminuirai di dieci volte. Questa è la potenza di un unico numero.

Impotente. “Una rondine non fa primavera”.  Un gruppo di uomini insieme ha la forza e la potenza per muovere il mondo.

Francisco scoprì presto il suo punto forte e anche il suo tallone di Achille. La sua debolezza e la sua forza c’era un solo nome, era un unico numero: la sua mamma Clara.  Se qualcuno la ferisse, colpiva direttamente  lui. Era capace di fare qualsiasi cosa per lei. Era anche la sua mamma che gli dava coraggio e forza per inseguire i suoi sogni.

Suo padre; Voleva saperne quando era piccolo. Adesso aveva già dieci anni, era un ragazzino che cresceva senza un padre, senza un orientamento maschile.    

Era anche “l’uomo della casa”, doveva crescere in fretta per aiutare la sua mamma, doveva proteggerla. Francisco la amava di tutto il suo cuore perché Clara sapeva essere madre e padre. Sapeva colmare il vuoto che aveva nella sua vita a causa della mancanza de Mateus, un irresponsabile che la abbandonò, quando questa era incinta: suo padre che mai ha conosciuto.

 Alla festa del papà che in Brasile si festeggia la seconda domenica di agosto, andava lei, l’unica donna, ma ci andava. Perché lei era anche padre. Svolgeva le due figure nella vita del suo unico e amato figlio, per il quale sacrificherebbe la propria vita.



3

Un giorno, appena finita la lezione, Francisco litigò con uno dei suoi compagni di scuola, Felipe, un bambino, diciamo “maleducato”.
 “Bastardo!” gli ululò Felipe.     
 Il sangue gli salì alla testa e senza pensare, Francisco diede uno schiaffo a Felipe e gli rompe gli occhiali sulla faccia. Per fortuna non successe nulla di grave, ma Francisco fu sospeso della scuola per tre giorni visto che successe davanti alla scuola, davanti alla maestra che appena usciva dal cancello per separarli.

Quel giorno, arrivò a casa con un biglietto dalla preside che chiamava la sua mamma per parlarle dell’accaduto.

 La preside era molto rigorosa, e le parlò direttamente:

            “Questo succede perché gli manca un padre!” "Un uomo di polso forte che gli dia una buona educazione!”

            Dopo tanto sentire quello che aveva da dire la preside, Clara, che sentì tutto zitta, parlò:

            Guardi Signora Soares, non difendo mio figlio, ma come lei può costatare, Francisco è un ragazzino che ha i migliori voti, anche in condotta! Dovrò chiarire con lui cosa sia successo veramente, ma lui non è aggressivo ed io so educarlo bene. Sono cosciente che gli manca un padre, ma io fu abbandonata e non ho voluto e ne desidero più nessun uomo, quindi io sono suo padre e sua madre.

            Clara all’arrivare a casa chiamò Francisco per parlargli. Lei non aveva mai menato suo figlio, primo perché le botte, non si danno a nessuno, le cose si risolvono nella base del dialogo e secondo perché lui non ne aveva bisogno finora. Clara aveva le idee molto chiare riguardo all’educazione dei bambini e il suo bambino lei lo educava nel modo che riteneva più giusto.

            “Mamma, Felipe mi ha chiamato di bastardo!"

            "Per questo gli ho dato un ceffone”.

            Clara inghiottì quella parola amaramente e nel profondo del suo cuore sapeva che suo figlio soffriva con l’assenza di una figura paterna.

            Quell’episodio davanti alla scuola la fece cambiare idea. Lei era ancora giovane e poteva trovarsi un uomo, avere altri figli e formare una famiglia! Potrebbe regalare a Francisco un padre e dei fratelli! Soprattutto regalare a se stessa un marito, qualcuno che si prendesse cura di lei; qualcuno con cui coccolarsi e dividere i suoi pensieri, le sue paure, pure i suoi sogni più secreti.

            Magari dovessi uscire e conoscere degli uomini, magari si fidanzare e così dare un padre a Francisco. Tanto lei era ancora giovane, e perché il suo compagno la aveva abbandonata, non era detto che tutti gli uomini fossero dei mascalzoni. “Sì, lei poteva avere più fortuna questa volta e  poteva trovare un uomo degno del suo amore e degno del suo figlio”. Pensava Clara. Sì, del suo figlio. Perché se trovasse un compagno, lui doveva accettarla con suo figlio.

            Clara aveva trentun anni, non era una ragazzina, ma era giovane e attraente. Da quella sera in poi, lasciava suo figlio con sua nonna e usciva con le amiche ai bar, discoteche, spiagge con lo scopo di conoscere un uomo che divenisse il padre del suo figlio che adesso più che mai aveva bisogno di una figura paterna, di un uomo di cui fidarsi e che gli spiegasse certe cose, che solo un uomo spiega al suo figlio. Ma soprattutto un uomo che la amasse, anche lei aveva il diritto di vivere la sua vita, il diritto di amare ed essere amata. Non sopportava più la solitudine e tanto ormai erano già passati più di dieci anni dalla nascita del suo bambino, nessuno potrebbe giudicarla male. Era una donna seria, ma che giustamente voleva vivere la sua sessualità e chissà formare una famiglia e avere altri figli.

           



4

            “Francisco, mi dispiace che tu sia cresciuto senza un padre". "Tuttavia come ti ho già raccontato, sono stata lasciata dal tuo padre, ma ti prometto che troverò un fidanzato all’altezza di essere tuo padre ok?”

            “Mamma non preoccuparti per me, voglio solo la tua felicità e se trovi un uomo che ti possa fare felice, lo accetterò come mio padre, perché del mio genitore biologico non ne voglio sapere. "Tanto non lo conosco nemmeno, mi ha abbandonato insieme a te, quando eri incinta.”

            Clara lasciò Francisco quel fine settimana con la sua nonna, Isabel, mamma di Clara, e partì insieme alla sua amica Meire per una breve vacanza. Anche Meire era in cerca di un grande amore.

            Partirono per un viaggio al Paranà per visitare  le cascate di Foz de Iguaçu.....